40 anni di Palm spa. Il pallet a servizio delle imprese
Primo Barzoni, esattamente 40 anni fa nasceva l’avventura imprenditoriale chiamata Palm. Quale fu l’intuizione di partenza?
Nel gennaio del 1980, con la morte del papà che era falegname e realizzava piccoli imballaggi per la frutta e la verdura, noi fratelli e sorelle ci siamo messi a pensare ad un prodotto che tutti i giorni potesse entrare nelle fabbriche, nelle aziende. Così la scelta cadde sul pallet. L’agricoltura era un settore instabile e dava meno garanzie, mentre il settore industriale era forte e in crescita.
In questi 40 anni l’economia a livello globale si è trasformata radicalmente, eppure il legno rimane una materia prima indispensabile o forse anche insostituibile. Quale futuro vede per il legno?
Il legno avrà un futuro meraviglioso. Lo scienziato Stefano Mancuso ci invita a chiamarle piante, non alberi. Perché le piante, come valore ecologico e come materia prima ce le dà la natura, in modo rinnovabile, è biodegradabile, le piante sequestrano Co2 che rimane stoccata nei manufatti di legno. Il legno è perfettamente riciclabile al infinito e quindi insostituibile.
Certamente va fatta una gestione sostenibile, delle risorse legno impiegate finalmente l’Italia e l’Europa stanno definendo il nuovo piano forestale che valorizzi boschi di prossimità anche in aree montane. Le certificazioni di buona e corretta gestione forestale PEFC e FSC stanno aiutando a rendere virtuosi i sistemi gestionali del bosco e anche a far conoscere i prodotti del sottobosco, come frutti di bosco, castagne, aghi di pino, funghi certificati.
Lei è stato uno dei primi imprenditori a livello nazionale a scommettere su un modello di business armonico tra economia, ecologia e sostenibilità. Quali furono le idee e i valori la ispirarono?
Mi resi conto che l’idea di armonizzare ecologia ed economia non era solo per scienziati ma anche per noi imprenditori. Poi certamente, decisivi furono alcuni incontri, come quelli con l’Università UNISG di Pollenzo (fondata da Slow Food, ndr) che con il giovane ricercatore Franco Fassio ha introdotto il tema del Food Packaging e con il dipartimento di Design Sistemico del Politecnico di Torino, in particolare l’architetto Luigi Bistagnino e Gunter Pauli, imprenditore belga e teorico dell’economia blu. La filiera legno rientra nella Bio-economia circolare in una logica zero scarti. L’ecologia sganciata dall’economia non porta a nulla, ecco perché oggi si parla di transizione ecologica e Palm è parte di questa evoluzione.
La vostra azienda nel 2017 è stata la prima azienda al mondo produttrice di imballaggi in legno a diventare B Corp, che significato ha per lei?
Diventare una Benefit Corporation è stata l’evoluzione di un’impresa con valori familiari a impresa innovativa con un modello organizzativo basato su qualità, governance e valori trasferiti a collaboratori, clienti, fornitori comunità. Essere una B Corp significa legittimare un patrimonio culturale e sociale di un’impresa, qual è la nostra, che non è visibile al consumatore finale, ma può trasmettere molto valore lungo la catena di fornitura dei prodotti che dal bosco arrivano sulla tavola del consumatore in un approccio sostenibile a 360 gradi. Il concetto chiave delle aziende B Corp è l’interdipendenza: trasmettere una cultura di sostenibilità dai collaboratori fino alla comunità: superare un semplice discorso di responsabilità sociale d’impresa, anticipare i bisogni per costruire un futuro migliore.
A proposito di patrimonio culturale e sociale, avete creato una Onlus per favorire l’inserimento dei ragazzi diversamente abili nel mondo del lavoro.
Abbiamo sempre avuto molta attenzione per il territorio. Con la Onlus Palm Work & Project abbiamo dato una opportunità e prospettiva lavorativa ai giovani e adulti con fragilità o disabilità. La possibilità di stare sul mercato con prodotti per la casa, negozi, giardini di design e riciclo creativo da scarti ed eccedenze di lavorazione della nostra azienda. I prodotti sono etici e sostenibili, creano occupazione e la onlus è oggi un laboratorio di innovazione sociale creativo integrato nel territorio.
Innovazione tecnologica, trasformazione digitale, mondo del packaging, legno. Quali scenari vede per il futuro?
Sarà sempre la sostenibilità a guidare l’innovazione. Abbiamo capito in questo periodo di Covid-19 quanto siano importanti la salubrità e la sicurezza per la nostra vita quotidiana. Oltre al prodotto c’è la sicurezza del dato, la tracciabilità. La filiera del legno soffre di problemi antichi, su tutti il taglio illegale degli alberi e la criminalità del commercio illegale di pallet usati. Abbiamo fatto qualche sperimentazione con tecnologia RFID e BlockChain ma ora serve un mercato che lo recepisca questo valore della filiera tracciata. Sempre di più si svilupperanno innovazioni condivise fra chi produce e chi consuma ci saranno network di imprese, dalle più grandi fino alle PMI, anche nell’imballaggio e pallet intelligenti saranno chiamati a rispondere a questi nuovi processi di digitalizzazione o smart Packaging.
Nell’Italia post lock-down, l’attuale crisi economico sociale può essere “vista” come opportunità? Cosa serve all’Italia di oggi?
Il limite del modello italiano è sempre stato un individualismo delle imprese troppo accentuato. Oggi serve essere predisposti a un cambio di paradigma per non perdere i buoni propositi pensati in periodo coronavirus. Non è pensabile fare innovazione e sostenibilità da soli, l’innovazione sostenibile va fatta nelle filiere e facilitata nei network di imprese. Laddove le cose funzionano male è perché manca una visione d’insieme in una logica Win-Win. Credo inoltre sia possibile investire maggiormente sul mercato interno, a livello di agricoltura e silvicoltura, e non confidando solo nell’export. Da ultimo, spingere al massimo sull’economia circolare e grande attenzione ai territori. L’Italia vince sulla qualità e sostenibilità.